Etichettatura: dall'Italia la sfida sulla trasparenza

Scritto da Eduardo Cagnazzi on . Postato in News2

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L’Italia sfida l’Unione Europea sulla trasparenza del grano per la pasta e del riso, ma non tutti i produttori sono d’accordo. E annunciano battaglia contro il decreto firmato dai ministri Martina (Politiche agricole) e Calenda (Sviluppo economico) che introduce in via sperimentale e per la durata di due anni l’obbligo di indicare sulle confezioni il nome del Paese nel quale è stato coltivato il grano e dove è stato macinato. Analoga cosa per il riso. Il confezionamento dovrà riportare il Paese di coltivazione, di lavorazione e quello del confezionamento. Per i pastai di Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane), comunque favorevoli all’indicazione di origine del grano sull’etichetta, la formula adottata disorienta e confonde il consumatore, volendo far credere che la pasta di qualità è solo quella lavorata con la semola italiana. "La vera soluzione per incentivare trasparenza, qualità e competitività della filiera sono i contratti di coltivazione tra pastai e agricoltori", mentre "parlare di etichetta sposta l'attenzione dal vero problema e cioè che il grano italiano è oggi ancora insufficiente a soddisfare le esigenze dei pastai”. E non solo. "Spesso il grano duro estero è di qualità superiore a quello italiano ma il consumatore avrà questa informazione? Se il Mipaaf non associa una intensa campagna di comunicazione sul corretta interpretazione dei dati riportati nell'etichetta obbligatoria rischiamo solo di pregiudicare l'industria italiana già stressata per le marginalità e per la crescente concorrenza internazionale", sostiene Luigi Esposito, esperto comunicatore dell’industria alimentare. Favorevole all’etichettatura, invece, Arcangelo Fornaro (Unione industriali di Napoli). “Finalmente arriva un provvedimento che dà chiarezza al consumatore e tutela alle imprese che lavorano mettendo al primo posto la qualità della materia prima. E’ un provvedimento che, però, andrebbe esteso anche ad altri comparti, come il pomodoro e le olive, sul quale l’Europa dovrà rispondere. Soprattutto per rendere omogenea al suo interno l’applicazione della normativa”. Per Fornaro, dunque, il decreto non è altro che un messaggio politico all’Europa a decidere presto sulla normativa che riguarda le indicazioni di origine e sull’iter del Made in…E tra i pastifici artigianali si dichiara favorevole all’etichettatura Antonio Paletta (Paletta). “Oggi un pacco su tre è fatto con grano proveniente dall’estero, non sempre di ottima resa e qualità. Questo mortifica chi, come noi, investe sulla materia prima di qualità. Le nostre semole sono ottenute da grani di qualità coltivati a Sant’Antonio Abate e nel Cilento, solo se la materia prima supera tutti i controlli va in lavorazione, perché il nostro obiettivo è un prodotto artigianale in grado di soddisfare i palati più esigenti”. Sull’estensione dell’etichettatura anche al concentrato del pomodoro si dichiara Francesco Pirolo di Agrigenus che da oltre dieci anni lavora dal seme alla produzione il San Marzano Dop. “Il problema, per noi che ci fregiamo del marchio Dop, è la concorrenza sleale fatta all’estero dove si contrabbanda il pomodoro cinese per italiano e per di più per San Marzano. Questo ci penalizza in quanto la nostra produzione è sottoposta ad un rigoroso disciplinare, unico nel suo genere”.