A Napoli i dolci conventuali
Tutto nasce dalle esigenze di monache all’indomani del Concilio di Trento che aveva introdotto, dal punto di vista gastronomico, il divieto di mangiare carne nei giorni di avvento e quaresima. E’ con questo spirito che molto più tardi, tra il ‘600 e il ‘700 nasce anche l’esigenza delle suore di sperimentare nuove specialità di dolci. Soprattutto come merce di scambio. Ecco che a Napoli nascono nei principali 14 conventi cittadini dell’epoca i cosiddetti dolci conventuali, dagli struffoli del Convento di Croce di Lucca alle monachine delle Trentatrè, dai susamielli di Donnaregina ai roccocò della Maddalena, dalla pastiera del Monastero di San Gregorio Armeno al sanguinaccio preparato dalle clarisse di Santa Chiara; prelibatezze che sono entrate di diritto a far parte della tradizione dolciaria della città. Con le tecniche adottate da oltre cento anni, ma con l’impiego di un grano antico siciliano ottenuto con metodo artigianale di molitura a pietra dall’azienda Molino Riggi di Caltanissetta, ci prova adesso una delle più antiche e rinomate pasticcerie di Napoli, Capriccio, al giro di boa dei primi cent’anni di attività. Quale migliore occasione, dunque, che rivisitare quanto di più buono veniva preparato da monache e preti nel chiuso dei conventi? E presentarlo alla città, in una delle chiese più antiche e rappresentative del gotico napoletano, San Giovanni a Carbonara, con la collaborazione del magazine “La buona tavola”, diretto da Renato Rocco. Dolci ottenuti con farina biologica di qualità, ricca di fibre e con basso contenuto glicemico. ”Attraverso questo appuntamento abbiamo pensato di ricostruire uno spaccato del passato, ricordando storia, arte e tradizioni culinarie di un’antica strada napoletana”, ha spiegato Raffaele Capparelli, maestro dolciario e titolare di Capriccio. “Anche l’arte pasticciera è strettamente legata alla storia e mai come quest’anno, che la pasticceria compie cento anni, era il momento ideale per presentare i dolci natalizi preparati come si facevano un tempo negli antichi monasteri. Naturalmente preparati con una farina di elevata qualità ottenuta da grani antichi siciliani”.