Tecniche di produzione. Rosati e uva a bacca rossa o bianca

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Parlare di lavorazione delle uve significa quasi entrare nella cantina e provare a visualizzare tutto il percorso produttivo, di cui il primo tassello consiste nell’arrivo dei camion carichi di grappoli. Questi vengono pesati direttamente, quindi catalogati; ogni carico di uva ha il suo codice a barre, in modo che, tramite quest’ultimo riportato sulle bottiglie, si possa risalire allo scarico d’uva iniziale e persino agli operai di turno durante quella giornata.

Il trattore è pesato, scarica l’uva nelle vasche e torna nei vigneti; nelle vasche ci sono una o due eliche che girano lentamente, per spingere l’uva dalla vasca ai deraspatori, siti più in basso. La loro funzione è appunto quella di deraspare le uve, quindi togliere il raspo, la parte legnosa (anche se gran parte del lavoro, in tal senso, è svolta dalle macchine vendemmiatrici nei campi, che aspirano il solo chicco d’uva, mentre il raspo resta sulla pianta ed è eliminato con la potatura a secco).

I deraspatori schiacciano l’uva e, a questo punto, la produzione si diversifica, a seconda che si tratti di uva a bacca bianca o a bacca rossa. Nel primo caso, il mosto è subito separato dalle bucce e viene trasferito, per la fermentazione, in silos più grandi. Nel secondo caso, al contrario, buccia, polpa e mosto vanno a finire, insieme, in vinificatori esterni, ognuno dei quali è computerizzato singolarmente e la cui temperatura è impostata manualmente dall’enologo.

Il passaggio dalla temperatura ambiente a quella impostata nei silos avviene tramite scambiatore: un passaggio repentino di temperatura, infatti, è assolutamente da scongiurare, giacché congelerebbe direttamente i batteri utili alla fermentazione, ottenendo un prodotto di scarsa qualità.

Al di sotto dei vinificatori, sono site delle pompe che possono intervenire per il rimostaggio del cappello superiore, aspirando parte del mosto e facendolo precipitare ed evitando così il processo che avviene nelle cantine non meccanizzate, ove l’operatore schiaccia manualmente il cappello.

Il processo che si utilizza per ottenere il rosato, infine, è ancora più particolare: si fa ricorso alla cosiddetta “tecnica del salasso”, in base alla quale il mosto è a contatto con le uve solo per 12 ore, quindi viene salassato solo nella parte centrale, quella che ha preso maggiormente colore.

 

Chiara Sorino

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