L’oro del Salento targato Caprarica

Scritto da Chiara Sorino on . Postato in Gastronomia

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Visitare un oleificio non vuol dire solo visionare macchinari moderni. Eppure, è affascinante vedere come, dalla selezione delle olive, sgorghi quello che è l’oro del Salento, non solo per il colore, ma anche perché è sempre stato un bene prezioso.

Addirittura, ci dicono a Caprarica, nella salentina città dell’olio, che un litro di oro giallo equivaleva al salario di un operaio medio. Ma andiamo con ordine e raccontiamo il nostro percorso alla scoperta dell’olio, dalla modernità a ritroso sino alle origini e ai frantoi ipogei.

Siamo stati ospiti dell’azienda agrituristica “Masseria Stali”, il cui proprietario, presidente della Coldiretti di Lecce, ci ha portati nel cuore produttivo dell’olio, laddove tra quei container e quelle macchine batte il cuore dell’olio salentino. Dolce, differente dalla varietà coratina, la leccina va consumata nell’anno di produzione. Per questo, nel frantoio di Masseria Stali, l’olio dell’annata corrente va solamente imbottigliato, non riposto nelle latte se non dal suo secondo anno di vita. Un’attenzione per la qualità che il proprietario ha trasferito anche nel suo ristorante, con prodotti aziendali a km zero e nell’annesso agriturismo, tra camere ospitali, spaziose ed accoglienti, realizzate con materiali naturali per ricreare il più possibile l’ambiente salentino anche al chiuso.

Più di tempra storica la visita dei frantoi ipogei dell’azienda agricola “Dott. Pantaleo Greco”, il cui proprietario ci ha fatto scoprire i sotterranei dell’olio, regno della produzione e del “nachiro”, il capo frantoio responsabile della produzione dell’intero ipogeo e delle destinazioni delle partite di olive. Il nome è simile a quello del nocchiero proprio perché il suo era uno dei lavori più ambiti, ma anche più faticosi, che costringeva lui, insieme agli operai, a restare nell’ipogeo ogni giorno, mangiando e dormendo lì, per evitare qualsiasi contatto con l’estero, data la preziosità della materia prima, dell’olio. Si usciva solamente il giorno dell’Immacolata e di Natale ed era un lavoro ben retribuito, ma che si poteva svolgere solo per pochi anni, data l’elevata resistenza alla solitudine che veniva richiesta, senza dimenticare i danni al fisico. Per questo e poichè i lavoranti, già abituati ad una vita di stenti, terminato il lavoro si imbarcavano, ecco che è nata la similitudine tra il frantoio ipogeo e il lavoro sulle navi, tra il nachiro e il nocchiere.

E tutto riconduce al Salento: sia l’oro delle olive sia il mare su cui il “nachiro” continuava la sua navigazione solitaria…

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